Il mese scorso un giornalista, dopo aver partecipato al funerale di un ragazzo di 18 anni, morto in un incidente stradale, ha scritto un commento che non smette di farmi pensare. Dopo aver ammesso di non essere un assiduo frequentatore di chiese, ha confessato tutto il suo stupore di fronte a un messaggio che, scrive “quella mattina ci ha cambiato tutti, ha alleviato il peso dal nostro cuore, ha asciugato le lacrime dai nostri occhi, di credenti e non credenti, ci ha trasformato in una comunità”. E concludeva: “Che guaio che il messaggio cristiano si sia così indebolito nella nostra Italia. Che forza ci darebbe per affrontare un tempo sempre più tumultuoso e inquieto. È nei deserti della secolarizzazione che abbiamo più bisogno della promessa di vita eterna”.
Sono parole di un laico, di un uomo come tanti, parole che interpellano a fondo la nostra fede e la nostra responsabilità di credenti, la nostra disponibilità – come Chiesa – a essere aperti – come i pastori – a portare a tutti l’annuncio del Natale, della salvezza. Questa Santa Notte ci consegna un Dio che non si impone; il suo non è il giorno della vendetta, ma della speranza: “Il popolo che camminava nelle tenebre – canta il profeta Isaia – ha visto una grande luce… Davanti a te si gioisce come quando si miete…”.
La fonte inesauribile di questa “grande gioia, destinata a tutto il popolo” scaturisce da Colui che è nato a Betlemme. Dio mostra il suo volto nella fragilità di un bambino, che – come ogni nostro figlio – è bisognoso di tutto: richiede di essere avvolto, prima ancora che in fasce, nella tenerezza e nello sguardo d’amore della Madre. Nel presepe, Dio – Lui, il Grande, l’Onnipotente – per amore si fa piccolo; deposto in una mangiatoia, si fa pane per la nostra fame di vita. Vuoi sapere chi sei? Vuoi conoscere qualcosa del mistero di cui sei impastato? Fermati davanti a questo Dio Bambino.
Nella misura in cui lo contempli e ti lasci coinvolgere, diventa spontaneo – come scrive San Paolo – “rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”.
L’incontro con Cristo dà un senso a ciò che siamo, una direzione al nostro andare; ci permette di non lasciarci inghiottire dalle tenebre di questo mondo e dalle paure che queste suscitano; ci rende capaci di dare alle cose il loro giusto valore, mentre ci apre alla compassione e alla fraternità, alla responsabilità e alla condivisione.
Che sia un buon Natale per ciascuno.
Don Ivan, vescovo
«Credo che il museo, anche attraverso questa sua guida, si riveli come una realtà che dà voce a un progetto urbano, a una proposta di socializzazione, a uno spazio comunitario senza il quale non ci sarebbe città e forse la stessa esperienza ecclesiale resterebbe assai impoverita». A sottolinearlo è stato l’arcivescovo Ivan Maffeis intervenendo, il 15 dicembre pomeriggio, alla presentazione dell’evento “Tesori all’Isola”, presso il complesso monumentale della cattedrale di San Lorenzo di Perugia, a cui è intervenuto anche il vescovo ausiliare Marco Salvi, delegato diocesano per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici, l’architetto Alessandro Polidori, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali, Marco Vianello, responsabile editoriale della case editrice Electa, e l’esperta d’arte Marta Boldrini, della società Genesi che gestisce l’“Isola San Lorenzo”, il complesso monumentale della cattedrale comprendente il Museo del Capitolo, il sottostante percorso archeologico e la stessa cattedrale di San Lorenzo. Presenti tra il folto pubblico diversi rappresentanti delle Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo umbro.
L’evento “Tesori all’Isola” ha visto la presentazione della guida “Isola San Lorenzo, il cuore di Perugia”, edita dall’Electa, del nuovo sito internet dedicato a questo complesso monumentale a cura della società Co.Mo.Do. e l’inaugurazione dell’esposizione natalizia dal titolo: ‹‹…diede alla luce suo Figlio…››, opere che raccontano il Natale presso il Museo del Capitolo. Si tratta di due dipinti provenienti dai depositi e raffiguranti la Madonna con il Bambino, eseguite rispettivamente da Andrea Vanni e da Agnolo Gaddi. Esse condurranno il visitatore ad approfondire il mistero del Natale, partendo da quello stretto rapporto che unisce Madre e Figlio, divenendo uno dei principali temi iconografici della storia dell’arte.
L’arcivescovo Maffeis. «In questi giorni, ascoltando diversi parroci – ha raccontato l’arcivescovo Maffeis –, sono rimasto colpito come durante le benedizioni pasquali delle case si trovino a suonare tanti campanelli, tanti citofoni che restano muti come fabbriche dismesse, per case che si rianimano la sera, quasi rispondendo a episodi di incontri, di intimità che portiamo tutti nel cuore, che si realizzano quando la famiglia torna a riunirsi. Questa immagine mi è venuta in mente pensando a questo luogo, perché un museo non è semplicemente un insieme di pietre ereditate dalla storia, è senz’altro un patrimonio. Ma il museo è come quella casa che a sera si rianima e il lavoro fatto al suo interno è quello che dà calore, una direzione, un significato, apre un percorso. La città che abitiamo è fatta da diversi elementi: dalla sua cultura, dalla sua arte, dalla sua storia e dai volti che incontriamo e con cui condividiamo un pezzo di strada insieme. Questa intensità dà alla città la sua dimensione».
Il vescovo Salvi. «Lo stupore è la prima forma di conoscenza del reale e lo si coglie anche nell’“Isola San Lorenzo” – ha evidenziato mons. Salvi –, perché lo stupore mobilita tutti i fattori umani, la ragione, il sentimento, creare empatia. Senza stupore non c’è la capacità di gustare la bellezza che viene trasmessa dalle cose. Ciò che vince uno sguardo abituale, come noi spesso guardiano le cose, è un amore, una tenerezza di chi sperimenta nella propria vita che c’è qualcosa di grande e sei attratto da una tenerezza infinita. È un amore che cambia il cuore delle persone e, quindi, cambia anche il modo di guardare e di vedere ciò che ci circonda. Trasfigura quest’amore e fa percepire la realtà, i quadri, lo spazio in maniera totalmente nuova. L’esperienza di Genesi, fin dall’inizio, è stata quella di persone toccate da questa bellezza e da questo amore per la vita, toccate da Cristo e che hanno cominciato a guardare le cose con uno stupore e con occhi diversi. Ogni opera dialoga, diventa proposta, apre ad una domanda e diventa una ipotesi per la vita. La Chiesa ha sempre considerato l’opera d’arte, la pittura, la costruzione dello spazio, momento di espressione del mistero, cioè del Divino che si comunica ed entra in dialogo con l’umano che è davanti e lo guarda. Questa è la grande scommessa anche per la nostra Chiesa di Perugia, lo strumento del museo, della realtà che lo gestisce, Genesi, come anche l’imminente cinquecentenario della morte del Perugino, rappresentano una sfida per la stessa Chiesa in dialogo con un mondo che, delle volte, appare lontano».